2/9
VENERDI'
h. 22.15
CARLO LOFFREDO BAND

Prezzo: 5,00 euro
Acquista online >>

per informazioni:
[email protected]

“Una delle cose che più mi angoscia è concentrarmi per buttare giù un mio "Curriculum vitale". E questo per diverse ragioni: prima l'enormità delle cose che ho fatto in 77 anni, a favore del jazz italiano, seconda la preoccupazione di
dimenticarmene molte e certamente tra le più notevoli. Terza ragione, piena di vanità, è che vorrei che tutti sapessero tutto di me senza sottopormi alla immane fatica del "ricordo".
Io dovrei fare una volta per tutte, delle fotocopie di questo curriculum e tenerlo a disposizione di chi me lo richiede. Ma non lo faccio perché, in fondo, mi diverte tornare indietro nel tempo e fare l'inventario. Inizio a interessarmi al jazz, diciamo a sei, sette anni quando di notte mi alzavo per
andare a sentire sulla mastodontica radio la stazione di Hilversum (mai saputo dove si trovi) che trasmetteva jazz americano. Primo approccio professionale nel 1942 quando suonavo con un quintetto universitario fascista (GUF) per i feriti di guerra. L'arrivo degli americani rappresentò l'inizio della professione di jazzista. Scritturato dagli americani, e poi dagli inglesi, mi esibivo con un quartetto al Foro Mussolini, requisito come "rest camp" dalla 5° Armata. Nel quartetto avevo un trombettista che presto sarebbe diventato uno dei migliori d'Europa: Nunzio Rotondo. Nel '47 portai un mio quintetto a Praga a vincere un festival del Jazz, il primo di una lunga serie tra i quali ricordo quello del '57 a Mosca, del '59 a Vienna: due meritatissime medaglie d'oro. Nel '52 quando la Prima Roman New Orleans J.B. dette cenni di voler abbandonare le scene, formai la mia "Seconda Roman" che per una quindicina d'anni mietette successi e consensi ovunque in Italia. Per la RCA registrammo quel "Petit fleur" che segnò un record di vendite per quanto riguarda dischi di jazz: quasi 250.000 di LP venduti. Ho scoperto e valorizzato un numero imprecisabile di jazzisti, oggi tutti al Top della loro carriera: ne citerò qualcuno. Romano Mussolini, Gianni Sanjust, Roberto Podio, Massimo Catalano, Nunzio Rotondo per i musicisti di ieri e tra quelli d'oggi basterà ricordare Luca Velotti, Michele Pavese, Carlo Ficini, Jimmy Polosa, Eddie Palermo. Tra quelli che certamente arriveranno in alto, ricorderò il "pulcino" Vincenzo Barbato. Sono certo di essermene dimenticati una cinquantina, a dir poco. Tra tutti, l'amico che più di ogni altro mi è riconoscente è Romano Mussolini che non manca mai di ricordarlo in ogni suo concerto: senza la mia spinta, non avrebbe intrapreso la carriera del jazzista che è la ragione della sua vita. Ho suonato con tutti i più grandi jazzisti del mondo ma non ce la faccio ad elencarli tutti. Basterà dire: Louis Armstrong, Dizzy Gillespie, Django Reinhardt, Stephan Grappelli, Teddy Wilson, Oscar Peterson, Bobby Hachett, Jack Teagarden, Earl "father" Hines, Albert Nicholas, Chet Baker, i Four Fresmen, i Mills Brother, e basta qui. Ho scritto un divertentissimo libro di memorie che ho intitolato "Billie Holyday, che palle!" ma che difficilmente troverà un editore intelligente al punto da pubblicarlo. Infine inutile elencare tutti gli LP che ho inciso perché sono tutti assolutamente introvabili.”
Carlo Loffredo